BIOGRAFIA


Fatti ufficiali documentati.

Dallo Staff MMA ACADEMY
& Ufficio stampa A.I.K.K.

Capitolo Secondo

Nel 1985, Emilio scopre il goju-ryu, lo insegnano in una palestra di Bari. La forza interiore del goju e il fascino dei "sai", le cosiddette spade di Okinawa (o jutte), sono circostanze che portano il giovane alla ricerca di nuove realtà di karate, qui il passaggio al kyokushinkai, disciplina in voga all'epoca, risulta inevitabile. Il motto di Emilio "sempre avanti e oltre" si manifesta con quello che sono le sue aspettative, i suoi traguardi, col passare da uno stile a un'altro nella ricerca sfrenata dell'arte marziale definitiva, che non troverà mai, come afferma lui stesso: "l'arte marziale definitiva non esiste, possiamo avere delle preferenze, possiamo avere delle predisposizioni verso una tecnica piuttosto che un'altra, possiamo avere delle convinzioni del momento, possiamo inquadrare risultati migliori, possiamo vedere in alcune discipline risultati più rapidi, ma di certo non esiste l'arte marziale definitiva, noi siamo il fulcro dell'espressione di un'arte marziale, l'essenza di ogni suo beneficio e' dentro di noi. Solo noi possiamo fare la differenza". Con il kyokushinkai, fondato dalla 'montagna' Masutatsu Oyama, Emilio si trova di fronte a quello che sarebbe dovuto essere il suo modo di vedere il karate: training al limite, tecniche di rottura (shiwari), uso dei lowkick (calci alle articolazioni inferiori), tuttavia, il modo di colpire con pugni il tronco in modo ripetuto gli risulta sin da subito poco coerente. Preso da morbosa curiosità, si affaccia all'aikido, frequentando una piccola palestra dietro casa gestita da un certo maestro Lozza, un'esperienza deludente.

Aikido, "via dell'unione con lo spirito" (ai=armonia, ki=energia interiore, do=via spirituale), disciplina giapponese antica derivante dall'aikijutsu. L'opinione dell'attuale Bevilacqua: "a primo impatto lascia intravedere chissà cosa, è sicuramente una disciplina degna di nota dal punto di vista filosofico e spirituale, ma dal punto di vista pratico è infattibile, le tecniche di aikido sono belle da vedere ma nella realtà del combattimento non funzionano".

Attraverso gli stage a Rotterdam e Amsterdam col maestro Van Heumen, il campione porterà avanti gli studi nel kyokushinkai con esito positivo, conquista la marrone agli open di Bologna nel 1986, nel marzo dell'anno successivo conquista a Londra la cintura nera vincendo la "Prova dei 5 anelli", un esame che risale al periodo di Edo giapponese.

In quel periodo, il training di Emilio si svolge in un capannone adibito a dojo situato nei pressi di Lama (dojo romika), un posto spartano a vedersi ma funzionale allo scopo specifico (nota: Dojo di allenamento che non ha nulla a che vedere con omonimi dojo del tarantino, quali l'ex-palestra Ro.mi.ka. di via Elio dove veniva praticato shotokan e in seguito teatro del dojo di De Bartolomeo, come non ha nulla a che vedere con la recente Polisportiva Romyca di Taranto, in cui si faceva tutt'altro).

Nel programma di origine del kyokushinkai, per il passaggio a cintura nera, l'esaminando doveva affrontare prove estenuanti, come saltare un’auto in corsa, superare dieci kumite senza pausa, e altre prove. In questa dei dieci kumite, bisognava tener testa a ciascun avversario, dimostrando grande coraggio, resistenza e tenacia, l'alternativa era totalizzare 5 vittorie nette. La performance di Emilio gli conferisce il privilegio di frequentare stage esclusivi come quelli di guide autorevoli del kyokushin sogu kumite, shihan Tadashi. Si diceva che fosse stato uno dei primi a portare su tatami esibizioni di rottura con circolari di tibia, ma si dicono tante cose.

La specialità di alcuni maestri, spaccare con un colpo di tibia tre mazze da baseball legate insieme. Una delle caratteristiche di questo docente era dissociarsi da certe nuove disposizioni, un ribelle sotto certi punti di vista, un esempio di fermezza per Emilio. Anche per Tadashi, i pugni portati rigorosamente al tronco, rappresentavano un collasso del vero combattimento, egli si proponeva innovativo nel promuovere pugni tirati a bersaglio alto, secondo gli usi e costumi del kenpo antico. Secondo Lui era fondamentale, oltre che saper calciare di tibia con la 'tecnica a compasso', saper colpire di braccia in modo non approssimato, colpire come un pugile era sicuramente tra le sue direttive principali. Si può certamente attribuire a shihan Tadashi la preparazione atletica nel karate estremo di Emilio Bevilacqua, le cui peculiarità si esprimevano in rapidi ko, calci improvvisi, alti e di tibia, e pugni rapidi, precisi. Il giovane prodigio, il 7 gennaio 1989, si aggiudica il 2'dan kyokushin proprio in kumite con Tadashi, il quale, dopo due minuti, gli fa omaggio della sua cintura come segno di rispetto. Bevilacqua ancora oggi conserva quella cintura in vetrina coi suoi trofei. La prima vittoria mondiale di Bevilacqua risulta antecedente all'esame di 2'dan, la prima vittoria mondiale risale al kajukenpo tournament di Long Beach nel 1987, una gara interstile di kenpo e karate freestyle. A Long Beach nel 1987, l'atleta verrà notato dall'ospite d'onore del torneo, il GM Ed Parker, fondatore e pioniere del metodo moderno definito il 'sistema flessibile', ossia il kenpo-karate.

Kenpo significa "legge del pugno", o "via del pugno", è molto popolare negli Stati Uniti, la singolarità evidente è la continuità d'azione, colpi di braccia che partono da diversi angoli con un flusso continuo, un flusso di colpi che si propone di non lasciare tregua. La grande popolarità del kenpo risale a James Mitose e, successivamente, al contributo propagandistico negli anni '70 ad opera della famosa rock-star Elvis Presley, amico e allievo privato dello stesso Ed Parker.