BIOGRAFIA


Fatti ufficiali documentati.

Dallo Staff MMA ACADEMY
& Ufficio stampa A.I.K.K.

Capitolo Settimo

Emilio Bevilacqua continuera' nella sua TEORIA facendo esempi anche pratici, prendendo in causa l’organizzazione di american kenpo: "un esempio a me familiare, all'interno della Akks, american kenpo karate systems, per quanto autorevole, ci sono direttori che impongono un programma di kenpo che non vede, o non vuole vedere, l’originale insegnamento di Ed Parker, quindi l'evoluzione continua del metodo moderno di kenpo, e di conseguenza del programma di self-defence. Sebbene la tecnica di kenpo-karate sia nella difesa personale degna di attenzioni, nella 'difesa da coltello' non lo può essere per forza di cose. Si deve essere onesti nel pubblicizzare uno stile o un metodo, ad esempio, il tradizionale shotokan per quanto si voglia dire che è formativo, educativo ecc, ma non è efficace in uno scontro reale, punto. Si deve accettare l’autenticità delle cose. E così altre federazioni, per quanto rispettabili e autorevoli, moltissime non contemplano l'idea di una seria e onesta difesa reale. Potrei andare con gli esempi all'infinito. Nonostante sia indiscutibile l'autorevolezza di federazioni giapponesi, coreane, americane, russe, israeliane, ecc, ma se concepite ermetiche, vale a dire chiuse nella loro naturale crescita, restano, e resteranno sempre, realtà poco affidabili nella tangibilità di un mondo in continuo cambiamento, e per natura imperfetto".

Dopo l'episodio di rottura con Downey, dopo la deludente esperienza con la Iko, fratturata in una dozzina di Iko distinte, una sera in un pub di Busto Arsizio, Emilio con un suo allievo deluso dalle arti marziali, matura l'idea del KENJU, un pensiero e un ideogramma che intende esprimere il concetto chiave di 'pugno cedevole', cioè in sostanza che tutto è relativo. Per Bevilacqua, questo resterà il suo modo di vedere l'arte marziale, studiare, applicarsi, crescere con impegno e sacrificio, ma non pensare mai all'assolutezza di un sistema.

Il Kenju si traduce in una serie di principi, a rappresentarlo, uno stemma estrapolato dal simbolo del suo primo dojo a La Spezia. Il drago. Un simbolo di saggezza e forza, scelto per metà umano con il tronco e le braccia tese a voler dominare, ma in verità non può dominare, nulla si domina completamente, è tutto relativo nelle arti marziali, nella difesa personale, nella sicurezza, nella vita quotidiana. Un drago che ha i colori della tigre. Un simbolo in cui il drago e la tigre sono così uniti da diventare una sola unica cosa, due aspetti inscindibili dell'Arte.

Nota: Il simbolo del Kenju è stato ideato da Emilio Bevilacqua, elaborato da Stefano Donati, un logo realizzato sulla base dello stemma di Ed Parker, con il drago che deriva dal primo logo della scuola 'dragon dojo' di Bevilacqua a La Spezia, quest’ultimo, logo disegnato dall'artista Emilio Pagano nel 1991.

Il Kenju di Emilio Bevilacqua (2001) si struttura in 21 principi (in origine erano 11, 1999).

Il concetto di base: 'tutto e' relativo', nulla e' mai scontato, il segreto siamo noi con i nostri pregi e difetti, il segreto è nell’uomo, che per natura è imperfetto, motivo per cui è tutto relativo. Al Kenju si affianca la codifica di un programma tecnico, il Kenpo Jutte, una scienza sulla difesa da strada sempre coi suoi limiti che tutto è relativo, questo programma non intende essere ermetico ma è sempre in continua evoluzione (Kenpo Jutte, 21 giugno 2011).

Il Kenju diventerà lo stemma ufficiale dell'Associazione Italiana Kenpo Karate a partire dal 2007. Anno in cui Bevilacqua ritira il Samurai d’argento.

Le parole di Emilio Bevilacqua: "in un mondo dove il caos di giovani inesperti, ciarlatani, fanatici autodidatti, altera la realtà delle arti marziali, il vero spirito delle arti marziali resta il drago, come espressione di un concetto, la saggezza di un simbolo che governa dall'alto, la saggezza con i limiti dell'uomo. Dove c’è caos, c’è chi educa le menti, c’è il saggio e le dottrine, ma c’è anche chi confonde le menti. Tuttavia, anche il caos è uno stato naturale, il caos è insito nelle epoche dell’uomo: non esiste una disciplina migliore o peggiore, ma solo uomini migliori e uomini peggiori. In uno sport dove è indispensabile sapersi 'muovere', dove il movimento sintetizza, o dovrebbe sintetizzare, equilibrio, precisione, coordinamento, dove è necessaria tecnica, velocità, forza, il concetto del Kenju ci allontana dai percorsi rigorosamente ermetici. L'arte del movimento, la tecnica, la velocità, la forza, sono ingredienti, il corretto funzionamento di una disciplina o di un sistema è opera del singolo, tuttavia, non esiste una regola certa sull’affidabilità di quella disciplina, qualunque essa sia. Il risultato finale siamo noi, il segreto sta dentro di noi, e mai nella disciplina, mai nel sistema, il risultato finale siamo noi, con le nostre soggettive attitudini e con le nostre esperienze. Siamo noi a rendere funzionale e affidabile una disciplina o un sistema. Il risultato è dentro noi, il segreto è nell'uomo e mai nella creazione dell'uomo".

Bevilacqua diventerà per molti agonisti, amatori e appassionati un simbolo da seguire, per altri una guida nella scelta della disciplina più adatta, per altri una preoccupazione. Il fastidio, la paura, le gelosie aumenteranno, per alcuni rappresenterà una 'disgrazia' con le sue idee di vita marziale. La sua introspezione lo porterà a valutare ogni sistema con le pinze, ma la passione lo condurrà avanti, con spirito di analisi e voglia di risultati.